Gay, sierpositivi, non soli.
Di Pigi Mazzoli
pigi.mazzoli@libero.it
(pubblicato in "Pride", marzo 2012)
Con Sandro Mattioli abbiamo parlato più volte qui, in occasione del laboratorio HIVoices, per uomini omosessuali sieropositivi, o del gruppo gay_sieropositivi che anima su Yahoo. Ora parliamo nuovamente con lui perché è nata una nuova associazione ONLUS, di omosessuali sieropositivi, che si chiama PLUS.
D. Caro Sandro, intanto auguri per questa nuova sfida. Ti chiedo: perché in Italia, solo dopo tanti anni dall'emergenza dell'infezione, avete pensato ad un'associazione di sieropositivi solo gay? (Ricordiamo ai lettori che le prime associazioni in Italia, pur essendo nate gay, sono in gran parte costituite da tossicodipendenti, rispecchiando i dati anomali dell'infezione da noi.) La creazione di un gruppo di sieropositivi omosessuali, colma una semplice mancanza storica, o nasce invece da un più chiara conoscenza del nostro mondo?
Grazie Pigi, incrocio le dita! Plus nasce da una necessità. Gli MsM sieropositivi ci sono sempre stati e molto spesso sono stati lasciati soli dalla propria comunità di riferimento. Già questo basta a giustificare la nascita di una associazione mirata. Inoltre oggi l'Italia non è più un'anomalia, si sta allineando al Nord Europa, ossia la comunità MsM vede un incremento di sieroconversioni. Dallo studio Emis emergono dati di prevalenza preoccupanti, soprattutto nelle maggiori città del centro-nord.
La solitudine, l'indifferenza dell'autorità sanitaria che candidamente ammette di non avere una politica mirata agli MsM addirittura all'UNaids, sono tutti motivi sufficienti per verticalizzare il problema della sieropositività. La nascita di PLUS è stata accolta da una salva di “era ora!”, di offerte di sostegno da sieropositivi e non... sono rimasto sorpreso io stesso. PLUS, in verità, è davvero appena nata: ci stiamo ancora organizzando. La scelta di Bologna come sede principale, è stata motivata dal report della sorveglianza regionale che vede un numero di sieropositivi MsM superiore agli eterosessuali. Penso che un segnale vada dato alle istituzioni con le quali prenderemo presto contatto.
Abbiamo intenzione di aprire un consultorio autogestito, dove fornire risposte dirette e semplici su temi come come le pratiche sessuali, dove useremo il noi parlando con le persone HIV+ che verranno.
D. L'altro giorno rispondevo ad un mio lettore allarmato, che voleva sapere che rischio avesse corso un suo amante sieronegativo a fare sesso non protetto con lui che è sieropositivo. Ho domandato come mai facesse sesso non sicuro, e la risposta è stata “credevo lo fosse anche lui”. Ci sono persone che sanno esattamente cosa si può e cosa non si può fare, invece ciascuno si inventa delle proprie regole, più comode. Tu che sei a contatto sia con persone che si nascondono, che di persone che accettano in pieno la propria sieropositività, hai capito qual'è la molla, quali sono gli elementi necessari per questo passaggio, per questa evoluzione della percezione di sé?
Persone che accettano la propria condizione ne conosco poche. Dopo 30 anni di epidemia, ancora oggi spesso ricevo e-mail con domande sconcertanti anche da uomini adulti, totalmente inermi davanti a questo virus. Un omosessuale HIV+ in Italia, fra discriminazione e omofobia interiorizzata, ben difficilmente raggiungerà un buon livello di percezione di sé… si anche la discriminazione influisce sulla percezione di sé e sulla diffusione di Hiv. La poca consapevolezza che abbiamo in Italia su questo punto, secondo me, non ha aiutato la sanità a sconfiggere il virus, anzi ne ha dimostrato i limiti.
D. Mi chiedono spesso cosa si potrebbe fare per convincere chi ancora non fa sesso sicuro, ad usare sempre il preservativo. Io rispondo che non lo so, che le informazioni sono accessibili a tutti, se uno non si protegge, vuol dire che è poco intelligente, oppure che è autolesionista. Tu sei il più titolato per dare questa risposta, qual'è la strada da seguire?
Oppure, più realisticamente, fa scelte diverse dalle nostre. Il problema sta nel capire su cosa basa queste scelte ed agire su di esse. A proposito del rischio MTS, sul sito dell'associazione inglese GMFA tempo fa dopo una bella descrittiva su cosa fare e come per evitare infezioni, in fondo alla sezione l'associazione consigliava di usare sempre il preservativo, ma scriveva anche “se interferisce troppo con il tuo piacere, fatti frequentemente i test”. All’epoca mi chiesi se non fossero pazzi, oggi, stante la situazione di uso discontinuo del preservativo anche in Italia, molto spesso dovuto a rimozione e voglia di libertà, penso che fossero avanti. Ossia consigliavano il condom, ma non in modo ossessivo a rischio di non essere più ascoltati. Oggi facciamo i conti con una stanchezza diffusa in merito all’uso del preservativo e non possiamo fingere che non sia così per fare bella figura con i lettori e dare le risposte socialmente accettate. I ricercatori USA stanno addirittura valutando di mettere in terapia ARV preventiva i gay HIV- “esposti al virus”, come dire visto che non usate sempre il preservativo, vediamo cos'altro si può tentare. Lo so che sembra una pazzia, anzi lo è, ma almeno dimostrano di restare con i piedi per terra e cercano soluzioni se non alternative, perché oggi non esiste un'alternativa al preservativo, almeno di supporto. Ciò detto, dobbiamo anche sottolineare che in Italia non c’è stato un vero intervento pubblico mirato alla diffusione della cultura del safer sex, anzi per lo più hanno remato contro per ingraziarsi l’elettorato fedele ai deliri vaticani. Penso che dobbiamo insistere a diffondere una cultura di prevenzione senza essere ossessivi.
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