Non possiamo sposare tutti Liza Minnelli!
di Pigi Mazzoli
pigi.mazzoli@libero.it
(pubblicato in "Pride", gennaio 2009)
Sono un internauta ormai assuefatto. Sono un po' come quelli che sognano una notte di essere rapiti dagli UFO e dal giorno dopo conservano nella loro mente la chiara certezza di esserci realmente stati. Io sono stato, con la stessa certezza, in California a sperare e poi soffrire per i matrimoni gay.
Ero ancora intontito per la batosta referendaria americana che il Vaticano (da che pulpito!) mi assesta un'altra legnata in testa. Dichiara di non essere favorevole alla depenalizzazione universale dell'omosessualità. Con le solite giustificazioni (false) che è per salvaguardare gli Stati che non vorranno i matrimoni omosessuali. Che Pinocchi! (stavo scrivendo: "Che Finocchi!" per chiaro lapsus freudiano)
Nell'attesa di poter strepitare pubblicamente in Italia in un qualche pride, sono tornato di corsa in California a manifestare la mia rabbia con i gay di là. Ho passato ore a leggere blog, giornali on-line, gallerie fotografiche di questi bravi ragazzi che pensavano di essere nella patria della libertà e si sono risvegliati nella terra delle sette religiose. Con in più il dispiacere di avere un futuro Presidente che nulla ha fatto per aiutarli nella concomitante campagna elettorale, tant'è che fra le categorie contrarie alle unioni gay, secondo i sondaggi, assieme agli abitanti delle campagne e agli anziani, c'erano anche i neri. Ci si può consolare di appartenere alle categorie favorevoli: abitanti di città, giovani, istruiti, ma questo non cambia il risultato (suppongo che anche in Italia ci sia la stessa distribuzione di pareri, al di là che qui non abbiamo i neri).
Perché in California i gay non si sono arresi e sono anzi scesi in strada a manifestare con forza. In un blog ho notato un cartello divertente: "We can't all marry Liza Minnelli!". Incazzati sì, ma sempre con ironia e allegria. Ho scritto al ragazzo che lo portava in corteo, si chiama Daniel (nella fotografia è con un amico, Herbie, a chi interessasse...), per sapere un po' del loro stato d'animo, delle speranze future. Col suo fidanzato David si sono sposati in agosto a San Francisco, la loro città. Mi ha spiegato che tutti loro sperano di far annullare il referendum per vie legali e politiche. Daniel e David sono tra i 18.000 gay che si sono sposati in California tra maggio e il 4 novembre del 2008, quando è passata la proposizione 8 che rende illegale il matrimonio fra due uomini o due donne. Non sanno ancora che ne sarà della loro unione, se sarà annullata o se invece prevarrà la tesi della non retroattività delle decisioni referendarie. Molte coppie hanno dichiarato che nel caso di annullamento cambieranno residenza e si trasferiranno in uno degli Stati che permette o riconosce le unioni omosessuali, per una seconda cerimonia.
Mi immagino che per i gay americani, le varie sette religiose, oltre ad essere un reale nemico per le conquiste civili, siano anche una presenza inquietante fatta di chiese sempre piene di gente infervorata e di casse piene di soldi. Qui da noi le chiese sono sempre vuote. I cattolici devono essere tutti in parlamento e al Family day.
Invece le chiese sono sempre piene di gente per i funerali. O in chiesa o niente. Non c'è un'alternativa pubblica, laica al funerale in chiesa. Non c'è un Comune che abbia creato una struttura pubblica per i funerali. Anche da morti restiamo in balia dei preti, che possono vietare, e a volte lo fanno, l'uso della loro chiesa ai suicidi, ai divorziati, ai transessuali.
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