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La PEP non è POP!
La PEP non è POP!
di Pigi Mazzoli
pigi.mazzoli@libero.it
(pubblicato in "Pride", settembre 2008)

Mentre qualsiasi notizia che riguarda un ipotetico possibile vaccino per l'HIV riempie pagine e pagine di giornale, della PEP, acronimo di Post-Exposure Prophylaxis, che tradotto è profilassi post-esposizione, e che già esiste, non ne parla quasi nessuno. Almeno qui in Italia pare essere tabù.

Ma cosa è esattamente la PEP?
Si tratta di somministrare i farmaci per l'HIV a chi si contamina con materiale infetto, dall'infermiere che si punge con l'ago sporco del sangue di un paziente sieropositivo, fino al caso che mentre si fa sesso si rompe il preservativo e non ci si accorge immediatamente.
In origine è stato pensato proprio per il personale sanitario e sperimentalmente si è giunti a stabilire un protocollo, cioè istruzioni sul cosa fare, che permettono una diminuzione del rischio di contagio dell'80%.
Semplificando si può dire: l'operatore viene a contatto col virus, immediatamente inizia ad assumere la terapia più efficace contro l'HIV e continua per un mese. Più si ritarda ad assumere la terapia e più è bassa la percentuale di copertura dall'infezione, e passati tre giorni è addirittura inutile iniziarla. Pare che 4 ore siano il limite massimo consigliabile per l'inizio dell'assunzione dei farmaci.

Ma se è utile per gli infermieri, sarà utile anche per me che ho passato una notte pazza in darkroom senza preoccuparmi di nulla? Beh, questa terapia non è così semplice e, anche lo fosse, l'80% di diminuzione del rischio non è da sopravvalutare, soprattutto se dopo la prima volta dovesse accadere una seconda e forse anche una terza, allora prima o poi sarà la volta che quel 20% di inefficacia ci avrà fregati.
Dove sta la complessità del protocollo? Primo: i farmaci non ve li danno alla cassa della sauna.
Mettiamo il caso che sia venerdì sera, mentre fate sesso con uno sconosciuto in un camerino. Si rompe il preservativo e lui vi eiacula all'interno. Lui può giurare di essere negativo e voi potete crederci e fare come se nulla fosse, forse era vero, forse no, nel caso sia positivo forse vi infetterete e forse no. Decidete di fare la PEP. Dovete recarvi al pronto soccorso più vicino, spiegare che mentre subivate una penetrazione il preservativo si è rotto e il tipo vi ha eiaculato dentro e che volete fare la PEP. Loro vi diranno che non sono attrezzati per la nPEP ma solo per la PEP, e la vostra è purtroppo una nPEP, cioè una esposizione non professionale, non siete medici o infermieri. Per cui vi faranno una richiesta per il centro di malattie infettive, che però sabato e domenica è chiuso. Cercate il centro a voi più vicino (perché cure e controlli sono lunghi, meglio sia vicino casa e non vicino alla sauna a trecento chilometri da casa vostra) e lunedì mattina presentatevi lì, senza prenotazione ma con la richiesta del pronto soccorso. Dopo un paio d'ore di attesa un medico vi riceverà, racconterete tutto, vi preleveranno il sangue e vi daranno subito i farmaci. Saranno passate già una sessantina di ore e già saprete che la terapia avrà meno effetto, ma meglio di niente. Dopo qualche giorno, dal sangue che vi hanno prelevato sapranno se eravate già sieropositivi inconsapevoli per qualche altro "incidente" oppure no. Nel primo caso sospenderanno la terapia, faranno altri esami più mirati e vi proporranno una cura adatta vita natural durante. Nel secondo caso, cioè se risulta che siete sieronegativi, allora vi daranno la terapia da assumere per le quattro settimane. Probabilmente tornerete per esami e visite ogni settimana, per assicurarsi che i farmaci non stiano danneggiando troppo il vostro organismo, e nel caso di effetti collaterali abbastanza gravi da non essere sopportati (nausea, vomito, reazioni allergiche, compromissione di organi) vi cambieranno uno o più farmaci oppure sospenderanno la terapia. Continuerete a fare il test per sei mesi prima di sapere di non essere diventati sieropositivi, perché se la terapia non fosse stata in grado di evitarvi l'infezione comunque ne ritarda la risposta agli esami. Dato che la terapia l'avete iniziata ben dopo le quattro ore utili, probabilmente all'ospedale vi avranno sconsigliato addirittura di farla perché poco efficace.
Ma, se l'avete comunque fatta, secondo me sei mesi così devono essere stati terribili. Se non si fosse trattato di un preservativo rotto, bensì di una notte pazza senza protezioni, io non credo che uno poi abbia la voglia di ripetere l'esperienza una seconda volta.

Eppure il fatto che la nPEP sia così poco pubblicizzata è dovuto alla paura che qualcuno la possa considerare una conveniente alternativa all'uso del preservativo. Io non lo credo. Perché non lo è assolutamente.
Ma potrebbe essere il caso che uno faccia il furbo, denunci falsamente una rottura di preservativo, inizi la terapia e solo dopo vada in sauna e viva la sua notte pazza senza protezioni. Così si è assicurato uno sconto dell'80% sul rischio. Non voglio credere che qualcuno pensi di farlo. Soprattutto che voglia correre coscientemente un tale rischio solo per non dover usare i preservativi per una notte.

La nPEP è però provvidenziale per le coppie sierodiscordanti, dove uno è positivo e l'altro no e di sesso ne fanno tanto. Perché l'incidente del preservativo rotto o sfilato può capitare. Ma anche un incidente domestico, o una inattesa perdita di sangue che vada a finire dove non dovrebbe Una notte, ospite di un amico, mi si staccò una minuscola crosticina da una gamba e iniziai a irrorargli le lenzuola di sangue, finché non ce ne accorgemmo e mi misi a lavare e disinfettare tutto, in piena notte, fino al materasso. Non ci fossimo accorti e il suo pene fosse finito sul mio sangue sarebbe stato un incidente comunque non professionale.

Io sono sieropositivo, Franco, il mio fidanzato, no. Ci è successo (in realtà prima di fidanzarci) di essere feriti entrambi per un'aggressione e di avere uno scambio di sangue. Gli ho somministrato immediatamente e illegalmente i miei farmaci. Al pronto soccorso, dove ci hanno medicato le ferite, hanno detto che non erano attrezzati per la nPEP. Era venerdì sera. Lunedì seguente eravamo davanti al mio medico infettivologo, abbiamo esposto i fatti e Franco ha smesso di assumere i miei farmaci ed è entrato in terapia con dei farmaci più potenti. Poi gli esami, le visite, e tutto quello che segue. Alla fine tutto a posto. Ma i primi 15 giorni li abbiamo passati a letto: io con un braccio ingessato e lui con nausea, vomito e vertigini. I miei genitori ci hanno accuditi amorevolmente e... ci siamo fidanzati in casa!

Questo successe più di sette anni fa, speravo che ora le cose fossero un poco più spedite, più efficaci. Per questo motivo, durante la mia ultima visita in ospedale ho chiesto al mio medico cosa avrei dovuto fare in caso di incidente col mio fidanzato: la risposta è stata sempre: pronto soccorso, centro malattie infettive... Io ho chiesto: "se aspettando la nPEP inizio a somministrargli i miei farmaci come la volta precedente?"
Risposta: "Io non posso dirle di farlo, è illegale, se avesse una reazione grave io sarei perseguibile, ma anche lei lo sarebbe per avergli dato i suoi farmaci"
"Ma io preferisco rischiare una denuncia piuttosto che rischiare che lui si infetti perché la nPEP non è disponibile al pronto soccorso!"
"Io non posso dirle di dargli i suoi farmaci!" e intanto alzava le sopracciglia come per dire...
Quando viaggio con Franco porto con me sempre il doppio delle medicine che mi servono, non si sa mai...